Metti una sera a cena:  la dotta Bologna incontra Siena la ghiotta, o viceversa: ne esce fuori un pasto ricco per la terza serata di Girogustando, se poi s’incontrano alla vigilia di Bookkupy, il primo esperimento di narrazione collettiva organizzato in Italia, che ha debuttato proprio nella città del Palio, ci sarà qualcosa in più da tenere sottocchio.

Così gli chef, Cesare Lorenzoni della Buca di San Pietro di Siena e Lino Rossi del ristorante Franco Rossi di Bologna mettono a punto un menu a quattro mani che ricorda un po’ The Broker di John Grisham, un po’ Cent’anni di solitudine di Gabriel Garcia Marquez, perche leggere è cibo per la mente, non lo dimentichiamo.

 

Far parlare bolognese al basilico rosso e senese al sorbetto di cavolo nero è un bell’inizio per gli chef, che confidenzialmente si scambiano nozioni  sulle varianti del sorbetto in versione salata.

Il primo capitolo è dedicato agli antipasti: Siena e la sua tartare di Chianina con sfoglia di pecorino e sorbetto al cavolo nero, uno e trino un ebbrezza per il palato, mentre Bologna è più sostanziosa, con il petto d’oca dolcemente affumicato e lo sformato di patate al selenio.

Sembra di stare a una cena di cuochi -alchimisti che hanno un obiettivo comune: trasformare “l’altro” in oro: i tortellini in brodo di cappone e manzo richiamano l’essenza dell’uomo in un gioco confine-sorpresa, mentre gli gnocchi di patate e barbe rosse con spuma di noci evocano curiosità e anche il dragoncello fritto è raramente sospetto. Lo scrittore ci lascia un libro, lo chef ci lascia un gusto. E tra cibo e scrittori, la Festa Mobile di Hemingway si può leggere e rileggere, così come il filetto di maiale al balsamico con mele caramellate si varca con i denti e le labbra, dal sapore misurato si può mangiare e rimangiare. Altro scrittore talentuoso, quel Righi Parenti che noi tutti conosciamo ci lascia di stucco con una gallinella del Magnifico  Pandolfo però, non Lorenzo. Ne esce una magnifica interpretazione di una fagianella abbinata a frutta secca, spezie e uvetta, fatta con amore, memoria e felicità.

La cena è un racconto aperto, e l’ultimo capitolo non può finire che in dolcezza, accostando il semifreddo al ricciarello al tortino di ricotta e limone.

Ogni romanzo che si rispetti, in chiusura ha i suoi ringraziamenti da fare: a Stefano Sardelli, il pittore realista che ha virato all’astrattismo, a Simone Bastianoni e il suo discorso della sostenibilità nel piatto, perché le cose devono durare nel tempo. Alle aziende vinicole Villa di Corlo, Fonterutoli  e Tenuta Pernice, capaci di sostenere in modo armonico tutto il menu attraverso il Chianti Classico, il Lambrusco e la Malvasia dei Colli Piacentini.

Questa cena  è stata la vera libreria del palato.

 

Commento di Stefania Pianigiani – blog la Finestra di Stefania

 

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